Edoardo Bruno: la filosofia dello sguardo

Per me il cinema è materialismo. Considero il cinema l’unica forma d’arte che senza equivoci punta sulla materialità dell’immagine. Si può interpretare l’immagine come un fatto trascendente, si può interpretare l’immagine anche come una maniera concreta per rendere il trascendente atto, azione. Così come alla base del linguaggio c’è il pensiero, si può dire che alla base del cinema c’è l’atto.

(Edoardo Bruno)

Martedì 16 settembre Edoardo Bruno ci ha lasciati. Intellettuale, saggista, regista, docente universitario, è stato una dei pilastri fondanti della critica cinematografica in Italia. Laureato in Giurisprudenza, inizia a scrivere per riviste di cinema nel 1948, ma è l’incontro con André Bazin al Festival di Cannes che lo consacra definitivamente come critico cinematografico, spingendolo, nel 1950, a fondare la rivista Filmcritica, insieme, tra gli altri, a Roberto Rossellini. Terreno fertile di riflessione e dibattito per più di una generazione di intellettuali, giornalisti e critici, Filmcritica nel tempo ha accolto gli interventi di numerose firme del panorama culturale italiano, come Umberto Barbaro, Galvano Della Volpe e Giuseppe Turroni.

Il n. 700 di Filmcritica (luglio 2020), ultimo ad essere pubblicato in forma cartacea

Nel ’69 Bruno gira il suo primo e unico film, La sua giornata di gloria, che pone l’attenzione sui temi dell’impegno politico, dell’uso della violenza e della lotta armata. Nel corso della sua carriera Edoardo Bruno ha inaugurato anche due importanti premi, il Premio Barbaro al miglior libro di cinema e il Premio Campidoglio Maestri del Cinema, conferito a registi del calibro di Clint Eastwood, Martin Scorsese e Jean-Luc Godard. Per la Mostra del Cinema di Venezia ha curato diverse retrospettive, tra le quali si ricordano quelle su René Clair, Luis Buñuel e Jean Cocteau. Mosso da un amore appassionato e sempre entusiasta, Bruno è riuscito ad affermare un nuovo sguardo critico che andava oltre l’ideologia contenutistica, soffermandosi piuttosto sulla forma, per costruire nuove narrazioni e creare un ponte tra il “mondo dei sogni” e la realtà. Per lui era fondamentale dialogare con le immagini, lasciarsi colpire, ispirare, provocare da un dettaglio, un fermo immagine, una sfumatura. Più che il detto, l’esplicitato, l’evidente, ciò che interessava a Bruno era proprio il non detto, il meno immediato, da ricercare oltre la visione, oltre la struttura e la messa in scena, nell’essenza stessa del film, non come oggetto da analizzare, ma come soggetto con cui entrare in relazione. Fu tra i primi a comprendere che accanto al cinema impegnato, poteva avere una sua validità anche il cosiddetto cinema commerciale. Fondò Filmcritica con un gruppetto di amici fidati coi quali parlare di film da più punti di vista, superando la contrapposizione tra bello e brutto e concentrandosi solo su ciò che colpiva la loro attenzione e riusciva a comunicar loro qualcosa. Nessuna stroncatura dunque, ciò che non piaceva veniva semplicemente ignorato. Come aveva teorizzato Barbaro prima di lui, alla base della filosofia di Filmcritica stava il concetto di “spargere i semi di un discorso senza pensare di raccogliere i frutti il giorno dopo”. Suggestioni, punti di vista, letture, visioni, interpretazioni soggettive, personali. Un approccio libero e indipendente da qualsiasi dettame ideologico, quasi anarchico, sicuramente anticonformista all’epoca della nascita della rivista. Un nuovo modo di guardare alle immagini ed entrare in relazione con esse per restituire allo spettatore un nuovo modo di raccontare il reale, di pensare, di vivere.

(Chiara Zuccari)