FEFF22 – Better Days – Derek Tsang (2019)

Il Far East Film Festival si conclude con il secondo lungometraggio di Derek Tsang, vincitore del Gelso d’Oro e del Gelso Nero degli accreditati Shogun.

Better Days nonostante il Covid-19, la mancata partecipazione ad alcuni festival (Berlino su tutti) e le posticipazioni per l’uscita in sala; è riuscito in pochissimo tempo a diventare uno dei titoli col maggiore incasso in patria.
Guarda da lontano The Wandering Earth (blockbuster abbastanza deludente di Frant Gwo, ad oggi opera non americana col maggiore incasso di sempre nella storia del cinema) e si avvicina sempre più ad un altro blockbuster presente a questa edizione del festival, The Captain di Andrew Lau.

In pochissimo tempo il figlio dell’icona del cinema di Hong Konk, Eric Tsang, è riuscito a conquistare pubblico e critica.
Mescolando uno stile semplice che va dritto al punto ad uno slabbramento ragionato, che va verso le parti di un cinema coraggioso e dell’interiorità; riesce ad essere universale e ad affascinare, creando un’impasse emotiva da cui è difficile uscire.

Better Days è la storia di Chen Nian, una ragazza che si dedica anima e corpo allo studio per poter passare gli esami d’ammissione ad una prestigiosa università di Pechino.
Esami da cui dipende la sua carriera futura e la risoluzione di tutti i debiti familiari.
È timida e cerca di stare lontano dai riflettori, ma la sua vita cambierà nel momento in cui una ragazza, vittima di bullismo, deciderà di gettarsi dal balcone della scuola.
Chen Nian correrà a coprire il corpo dalle crudeli riprese fatte col telefonino dai suoi compagni; ma, in quel preciso istante, cadrà all’interno dell’obbiettivo di ogni fotocamera dell’istituto.


Diventerà lei la nuova vittima; e dovrà cercare continuamente di resistere alle intimidazioni di un gruppo di ragazze, di buona levatura sociale, comandate da Wei Lei.
Troverà in un delinquente da strada, Liu Beishan, innamorato della sua bontà, la sicurezza e il rispetto che nessun altro le ha dato.
Le storie e i dolori dei due andranno sempre più a incontrarsi facendoli entrare in simbiosi tra di loro.

Il film di Tsang è un melodramma spietato dove il bullismo e la violenza sono prodotti della continua pressione e competitività presenti nel paese.
Un paese dove tutti devono essere pronti al successo e dove si viene preparati quasi con un addestramento militare ai test universitari.
Un paese che non ha bisogno di sciocchi come Liu Beishan e Chen Nian.
È così che i protagonisti diventano due reietti nelle Badlands cinesi.
Mossi da una rabbia giovane nutrita e incrementata dalle colpe mai realmente scontate dai loro aguzzini; che rimangono ombre sempre pronte a colpire.

Uno dei temi focali di tutto il film è proprio questo: l’abbandono.
Sono abbandonati a se stessi, pressati e violentati da una realtà che non li tutela e non li culla adeguatamente.
Mancano ad entrambi delle figure genitoriali forti che possano guidarli e mancano anche le istituzioni, la scuola, i professori e i poliziotti.

Sono costretti a diventare selvaggi in un mondo dove cane mangia cane e dove una natura, silenziosa e osservatrice, guarda dall’alto la tragicità degli eventi.

È un racconto lineare che col proseguire dei minuti tende a slegarsi sempre di più; diventando una danza di primi piani, slow motion e sfocature che dialogano più con l’interiorità che con l’azione del racconto.
Diventa tutto un narrare a chiazze e a sfocature tramite i ricordi e la memoria dei protagonisti; che rimettono in ordine la vicenda e portano ad un epilogo fatto sempre più di immagini e sguardi piene di una fortissima carica emozionale.

Better Days incarna alla perfezione tutti quelli che sono stati i temi fondamentali di questa ventiduesima edizione.
Temi come: la morte, l’infanzia, i rapporti sociali, la violenza di genere e il bullismo sono qui ben affrontati.
Il tutto viene reso ancor più interessante dalla maestria registica di Derek Tsang, capace pian piano di far prendere vita al racconto.
Deciso a non inquadrare il suo cinema in schemi troppo complessi che ne avrebbero indubbiamente ingabbiato narrazione e personaggi.
Al contrario di tanti film visti al Far East qui si sente sempre meno la pesantezza delle scelte registiche.
I protagonisti non vengono soffocati, ma lasciati liberi con la sensibilità che difficilmente un autore acquisisce già al suo secondo lungometraggio.

Tutto fila liscio fino alla fine; il livello di cinema espresso è abbastanza alto e furbo da accaparrarsi i plausi di pubblico e critica.
Better Days è la miglior sorpresa uscita dal FEFF; che dona al pubblico un regista tutto lividi e lacrime che sa come vendersi e come far cinema.
Un racconto sull’ingabbiamento che ingabbiato da: censura, Coronavirus e mancata partecipazione ai festival più importanti, è comunque riuscito ad aprire il lucchetto e a liberarsi; diventando uno dei maggiori incassi della stagione e uno dei titoli più chiacchierati del momento.

(Carmelo Leonardi)