Matthias & Maxime – La vita e la morte di X. Dolan

Il 27 giugno uscirà finalmente su miocinema.it l’ultimo film di Xavier Dolan, il giovanissimo regista canadese amato da quel pubblico e da quella critica che per anni gli ha assegnato il titolo di “enfant prodige”.

Consacratosi in giro per i festival, in particolare a Cannes, sale alla ribalta con titoli come Mommy, vincitore del premio della giuria ad ex aequo con Adieu au langage (film sperimentale tra i più importanti nel cinema contemporaneo per comprenderne l’evoluzione linguistica), di uno dei pilastri della storia del cinema come Godard.
E con Juste la fin du monde, tratto dall’omonima opera teatrale di Jean Luc Lagarce, per cui vinse il Grand Prix Speciale della Giuria.

J’ai tué ma mère (I killed my mother), 2009 – Xavier Dolan

Dalla volta in cui voleva uccidere la madre son passati ben 11 anni.
Da quel piccolo miracolo scritto da appena sedicenne, fatto con un budget che a stento arrivava a 800.000 dollari, la carriera di Dolan non ha fatto altro che continuare a proseguire senza intoppi con un linguaggio giovane, libero e spensierato (da videoclip) che sempre più riusciva a calarsi all’interno dell’autobiografia del regista, mostrando uno sguardo autoriale fuori dal normale per la sua età.

Il suo cinema esplode, esce fuori dai corpi e vola libero in aria, allargando pareti e danzando a ritmo di Tango con il proprio aguzzino.
Fino ad accasciarsi, alla fine del viaggio, come un piccolo uccellino rimasto chiuso in una gabbia un po’ più grande del normale.

Dolan, come quell’uccellino, sembra non esser riuscito più a spiccare il volo. È rimasto a terra, in attesa che un bambino lo raccolga per curarlo e prepararlo ad aprire nuovamente le ali.

L’ex enfant prodige è caduto sotto i colpi delle produzioni americane, sotto il peso del grosso casting da gestire.
Si è perso quando si è trovato a svolazzare tra uccelli e uccellacci pronti a colpire senza pietà.

Il penultimo film, The Death and Life of John F. Donovan, è stato il grandissimo tonfo del regista.
Indubbiamente interessante, ma che per argomenti sembrava un film fatto anzitempo da un regista che forse si sentiva già arrivato.
Notevoli erano le interpretazioni di un Kit Harington che sembrava stesse recitando la sua stessa vita dopo Game of Thrones e l’alcolismo, e quella di Michael Gambon che in pochi minuti riusciva a salvare il film con una sequenza memorabile insieme all’ex Jon Snow.
Il film poi si sbriciolava su se stesso, troppo grande, troppi tagli (come quello subito dalla Chastain).
La citazione a Van Sant, un pizzico di quel Xavier bambino che manda la lettera a DiCaprio senza ricevere mai risposta, ma è il caos.
È lo stesso caos che fa cadere a picco Donovan e quell’uccellino morente sul tappeto di Just la fin du monde.

‘Sono sempre impressionata dal tuo impegno nel raccontare una storia. Per essere un artista in ogni momento, vai oltre le idee e le aspettative del passato. Ti voglio bene con tutto il cuore e non vedo l’ora di intraprendere future collaborazioni [con te] nella vita e nell’arte. Forse non è la news che stavate aspettando, ma ciononostante è qualcosa che dovevo dirvi. Avrò altre informazioni durante le prossime settimane. Per piacere, non dubitate del mio entusiasmo nel condividere  The Death and Life of John F. Donovan‘.

Dolan cerca subito di rimettersi in piedi, scava nel suo passato ed è qui che nasce Matthias & Maxime.

L’ultimo film di Dolan è il risultato di tutto il viaggio artistico, perdizione compresa, di un autore che non ha minimamente paura di azzerarsi e rimettersi in gioco da capo.

In concorso a Cannes nell’edizione 2019, Matthias & Maxime parla di due amici che si conoscono fin dall’infanzia, costretti a recitare la scena di un bacio per il cortometraggio di un’amica che gli farà mettere in discussione tutto ciò che sono stati l’uno per l’altro.
I due non sono più dei ragazzini e hanno vite pian piano sempre più incompatibili.

«L’amicizia è un sentimento più solido dell’amore» dice in un’intervista Dolan, ed effettivamente si vede che nel suo piccolo il regista canadese, per l’occasione tornato in Quebec, voglia sondare dei territori che si esulano dalle solite tematiche affrontate, come la scoperta della sessualità e rapporti con madri isteriche.
Matthias & Maxime è prima di tutto un film sull’amicizia, tematica per ora mai affrontata così profondamente da Dolan, se non di striscio nel triangolo amoroso truffautiano di Les amours imaginaries, suo secondo lungometraggio.

Si sente in ogni fotogramma che è una storia che gli appartiene (sembra sia una sceneggiatura scritta nello stesso periodo di J’ai tué ma mère) e che ha voluto mettere in scena rapidamente con quattro amici abbandonandosi anche all’improvvisazione (come conferma lui stesso nelle interviste).
È un film registicamente meno libero e meno sfrontato, ma che con una maturità in più decide di riscrivere da zero le origini, non abbandonandosi troppo alla classica estetica pop di Dolan.
Sembra un nuovo esordio, una nuova versione del regista canadese che si porta addosso i segni dell’esperienza americana (come la vistosa macchia sul volto) e cerca una volta per tutte di cancellarla definitivamente.

Dopo la morte c’è sempre una rinascita.
Matthias & Maxime è quel nuovo inizio, per un regista che alla soglia dei trent’anni non ha paura di ricominciare.

(Carmelo Leonardi)