No Time to Die, di Cary Joji Fukunaga

È finalmente arrivato nelle sale, dopo una lunga attesa, il venticinquesimo film della saga della spia più famosa ed importante del mondo, James Bond alias 007. Era dal 2015 con Spectre di Sam Mendes che non usciva un nuovo film della spia inglese. Questa pellicola sarebbe dovuta arrivare nelle sale nell’aprile 2020, ma la Universal, casa di distribuzione del film, ha deciso di rimandarlo e dopo vari spostamenti è finalmente uscito nei nostri cinema No Time to Die di Cary Joji Fukunaga, quinto ed ultimo film della serie con protagonista Daniel Craig. Cinque anni dopo la cattura di Franz Oberhauser, James Bond, ormai ritiratosi dal MI6, si gode una vita tranquilla in Giamaica. Quando un suo vecchio amico, l’agente della CIA Felix Leiter, si presenta da lui con una richiesta d’aiuto, Bond decide di intraprendere una missione per salvare Waldo Obruchev, uno scienziato rapito; essa si rivelerà tuttavia più complicata del previsto e con l’aiuto di Nomi, una nuova agente doppio zero, l’ex spia britannica si metterà sulle tracce di una sinistra figura legata all’oscuro passato di Madeleine, nonché di un nuovo e temibile avversario un tempo affiliato alla SPECTRE: Lyutsifer Safin, un terrorista in possesso di armi estremamente distruttive con le quali intende scatenare una minaccia di livello mondiale.

La curiosità era alta per questo nuovo episodio del franchise, sia perché, come detto, era l’ultima apparizione di Craig come Bond e quindi eravamo tutti curiosi di capire come gli sceneggiatori avrebbero chiuso il suo arco narrativo, ma anche perché le due pellicole precedenti, Spectre, ma ancora di più Skyfall, spy movie doloroso e catartico per il personaggio ormai trasposto sul grande schermo da 49 anni, erano risultate più che soddisfacenti. Scrivere di No Time to Die non è semplice, Fukunaga mette in scena un racconto collegatissimo, ancor più di Spectre, agli altri quattro film della saga riportando in azione anche il personaggio di Felix, che mancava da Quantum of Solace. Inoltre vengono fatti grandi passi in avanti per un film su Bond; ci sono grandi cambiamenti nel personaggio. Bond è più maturo e cosciente che mai, è stanco e vuole vivere una nuova vita, in lui c’è un’aria di cambiamento che raramente si era vista in un racconto con protagonista questo personaggio. È un viaggio crepuscolare quello che il suo personaggio mette in scena e Craig è bravissimo nel mostrare questo lato di Bond, anche perché in questo film lui non è più per gran parte 007, ma è semplicemente un uomo che, seppur affascinante, carismatico e invincibile è anche fragile, pungente e soprattutto non immortale. Quest’ultimo aspetto è forse il più interessante e diverso che No Time to Die racconta.

Ovviamente non sarà l’ultima pellicola su 007, anche se chiude un cerchio. Nei film di 007 un tassello fondamentale del racconto è anche il villain, qui interpretato da Rami Malek. Sfortunatamente, rispetto agli altri cattivi di questo quintetto cinematografico è, insieme al Mathieu Amalric di Quantum of Solace, il più debole, sia come caratterizzazione sia per come viene raccontato. E’ poco presente e non è temibile come poteva essere il Blofeld di Christoph Waltz. Plauso invece per le scene d’azione, tutte ben girate da Fukunaga che tiene molto bene la lunga durata del film attraverso anche momenti di dramma, thriller e ironia (aiutati anche dalla mano alla sceneggiatura di Phoebe Waller Bridge). Al contrario del più piatto lavoro su Dune, Hans Zimmer in questo caso riesce a gestire molto bene la colonna sonora con sonorità diverse dal suo solito, donando vera epicità al racconto. Degna di nota anche la classica sequenza animata nei titoli di testa, con la musica di Billie Ellish che riesce ad essere straziante e centrale per la narrazione della storia. In conclusione possiamo dire che “No Time to Die” non è un film perfetto ed è anche ben lontano dall’essere uno tra i migliori film sul personaggio creato da Ian Fleming, ma ha la forza di fare tante cose che non erano mai state fatte nella saga più prolifica della storia del cinema ed è quindi un grande merito quello che gli va dato.