Venezia76: The Laundromat, di Steven Soderbergh

The Laundromat – In concorso

Regia:Steven Soderbergh
Durata:96’
Lingua:inglese
Paesi:Usa
Sceneggiatura:Scott Z. Burns
Fotografia:Peter Andrews
Montaggio:Mary Ann Bernard

Soderbergh é uno dei maggiori ricercatori di nuovi orizzonti audiovisivi, un cineasta sempre incuriosito e aggiornato a cui piace sperimentare sui generi e i formati.

Il suo è un cinema che implode su se stesso, senza sosta.
The Laundromat sonda, attraverso più storie intrecciate, lo scandalo dei Panama Papers.
Una società contenente informazioni sul riciclaggio di denaro.

E chi meglio degli Stati Uniti, come ci suggerisce un frizzante Gary Oldman, per rappresentare ciò? Centinaia di conversazioni che passano attorno alla parola denaro, una fluidificazione incessante d’informazioni, un fiume in piena di monologhi teorici e sproloqui infiniti.
Soderbergh segue le direttive di “The Post”, testo audiovisivo di capitale importanza per decifrare la comunicazione contemporanea, per inserirlo in un discorso sulla necessità di sentir leggere e parlare senza soluzione di continuità.
Non importa dei risultati, conta solo continuare a farlo. 

Il film fonda la sua struttura partendo dall’ultimo cinema di Mckay (Vice, The Big Short), dove chi guarda é costantemente coinvolto da personaggi pronti a dialogare con lo spettatore, tra coscienza e vaga presa in giro.
In qualche modo, quindi, ci troviamo di fronte a un film di saggistica sul commercio capitalistico.


La spiegazione perpetua delle situazioni comporta una coerenza con i colori adottati.
Gli accesi cromatismi chiarificano gli eventi e i personaggi, non possono esistere chiaroscuri ambigui.
L’estetica e la scrittura non hanno profondità, sono solo superficie.
L’aspetto più spericolato del film sta nella sua radice.


La pellicola è cosciente dell’essere totale finzione e lo dichiara apertamente allo spettatore, mostrandoci una Meryl Streep, sulla conclusione, finalmente spogliata dai suoi orpelli (la parrucca e i suoi abiti), oltre a rivelare il set (quindi il gioco di prestigio del cinema).

Soderbergh firma un film esplosivo e senza regole, un ottimo esempio di cinema teorico. 

(Paolo Birreci)