Venezia77 – Guerra e Pace, di Martina Parenti e Massimo D’Anolfi

Italia/113’/Orizzonti

Tutto ha inizio con la ricostruzione di pellicole di repertorio contenenti spezzoni di alcuni dei principali drammi mondiali del novecento; guerra per la Tripolitania, seconda guerra mondiale e Vietnam, tre tragedie accomunate da riprese che testimoniano l’accaduto. La guerra libica fu la prima ad avere una documentazione audiovisiva reale, al principio dell’industria del cinema, e rimasta intatta fino ai nostri giorni. 

Proprio a questo conflitto é dedicato il primo capitolo del film più quadrato, fino a questo momento, della mostra del cinema 2020. I due cineasti vanno dritti al punto, senza mezzi termini, definendo l’essenziale importanza delle testimonianze visive nelle nefaste imprese bellicose dell’essere umano. In primis si mette al centro del quesito il fattore propedeutico dell’immagine in movimento, mezzo migliore per scuotere le coscienze e per questo da tramandare con un dovere etico alle generazioni future. E in seconda battuta un puntuale studio sul principio etico che regola le immagini, il cortocircuito che ne può derivare nel superare il confine tra l’intrattenimento degno di un fenomeno da baraccone, e il rispetto morale di chi ha vissuto in prima persona il dramma.

Ma è anche l’esegesi più lucida, e miracolosamente comprensibile a ogni tipo di pubblico, sulle dinamiche che regolano la pace del pianeta. La preziosa diplomazia delle ambasciate estere sparse nel globo, angeli pacifisti che provano a mantenere sani i rapporti tra i capi di stato che paradossalmente vengono declassati dai loro ruoli interni, di fronte alle delicate operazioni diplomatiche estere. 

La storia moderna ci dice che le grandi guerre nascono da problematiche impossibili da risolvere con la sola diplomazia, e che progrediscono aldilà dei confini interni di una nazione, espandendosi a macchia d’olio e rendendo in questo modo impraticabile la strada della pace. La seconda guerra fredda tra Stati Uniti e Cina che ci sta accompagnando in questi tempi, calza a pannello con il concetto dietro Guerra e Pace. L’attestazione definitiva di come l’umanitá plasmi il futuro ripetendo il passato. 

Nella seconda parte il film si trasforma nel miglior esempio di cinema documentaristico, illustrato e spiegato con grande approfondimento, prestato alle complesse dinamiche della geopolitica internazionale, mettendo al centro in special modo la crisi siriana e libica. E non smettendo mai di farsi ponte tra il passato e il presente, e quindi con il futuro. 

Il paragone si adempie con l’arte pittorica, fotografica e audiovisiva per parlare di un passato remoto, che insieme alle testimonianze orali dei sopravvissuti sono le uniche fonti reperibili. E abbozzare uno schema su come saranno le guerre del futuro nei due capitoli seguenti, quasi più simili a un videogioco digitale. 

(Paolo Birreci)