Venezia77 – Hopper/Welles, di Orson Welles

STATI UNITI/135’/FUORI CONCORSO

Durante le riprese di The Other Side of the Wind, Orson Welles volle intervistare uno degli attori che dirige nel film svelato per la prima volta a Venezia75. Costui era Dennis Hopper, monumento della New Hollywood e autore di Easy Rider, il manifesto socioculturale degli Stati Uniti del maccartismo, di Nixon, dei trip psichedelici e della parentesi Vietnamita.  

Uno piccolo stanzino spartano, illuminato da candele naturali che risaltano il bianco e nero, con una nuvola di fumo attorno per mettere a proprio agio lo spettatore in vista del confronto tra due giganti. Si scherza, si ride, si fanno battute. Il corpo di Welles si smaterializza definitivamente, i suoi film vengono rilasciati dopo decenni dalla sua morte dominando festival di cinema e rubando la scena ai nuovi cineasti. 

Il regista di quarto potere ha raggiunto lo stadio finale alterandosi in un essere sempre più ingombrante; passando dall’enorme Falstaff al nascosto avvocato di The Trial, dal John Huston alter-ego, alla voce ultraterrena che rimbalza nella stanza lasciando attoniti i presenti in questa intervista di oltre due ore. Il suono delle parole si sente il lontananza, non ha un microfonista e una ciakkista rivolti su se stesso come Hopper. Lui é la divinitá che non può essere mostrata, ma solo percepita, e cambia il nome in Jake per non farsi riconoscere. 

La cinepresa gira su stessa, panoramiche a schiaffo, fuori fuoco, vertiginosi zoom e tagli improvvisi trionfano sulla scena. E in pochi più di Welles possono permettersi di modellare la regia in questo modo. 

In mezzo alle innumerevoli tematiche sviscerate, esce fuori il ruolo del regista come Dio. Chi dirige un set ha il potere di far cambiare il tempo atmosferico, di uccidere qualcuno, di abbattere case, essenzialmente diventa un mago che può tutto perché conosce i trucchi. In questo “Cinema e Vita secondo Dennis Hopper”, il confronto spazia in pillole sull’interpretazione personale del fare cinema, che cambia a seconda della personalitá di un autore. Se sia importante inserire contenuti politici o lasciarli ai margini, e con un pò di provocazione, se attraverso il cinema è possibile dare il via a una rivoluzione. 

La discussione si sposta in altre direzioni, interrogandosi sui film che hanno cambiato nettamente l’immaginario collettivo di un popolo. Anche in questo caso prevale il disaccordo, se Hopper ha un pensiero ottimistico pensando che il cinema abbia un potere simile, lo stesso non si può dire di un Welles che continua a stimolare l’intervistato chiedendogli quali film sono arrivati a plasmare un’intera generazione.

Il risultato finale vede uno spaccato dal grande gusto intellettuale. Un dialogo tra due uomini di cinema che seppur con vedute e caratteri opposti (un Hopper vago e timido e un Welles a tratti addirittura saccente) si prestano per una lezione di cinema e di vita che é giá un pezzo di storia. 

(Paolo Birreci)