Venezia77 – Mila, di Christos Nikou

Orizzonti / 90′ / Grecia – Polonia – Slovenia

Il film di apertura del programma orizzonti, sezione piuttosto debole negli ultimi anni, rimane fedele alla tradizione del programma collaterale al concorso della mostra del cinema, proponendo l’esordio al lungometraggio del regista greco Crisos Nikou.

Il contesto narrativo scelto per il film non può che balzare subito all’occhio paragonandolo alla situazione reale a cui stiamo drammaticamente assistendo da svariati mesi a questa parte. È in corso una pandemia globale che porta alla perdita della memoria per chi ne viene colpito e il regista, per riallacciarsi alla sua cinematografia d’origine, è interessato a parlare di un singolo individuo, Ivan, ricavandone solo dopo una metafora che allarga il discorso proiettandolo all’intera comunità che ne viene colpita.

Nikou è un discepolo della new wave greca e sono numerosi i tratti distintivi che riprende. La geometria chirurgica degli spazi e degli oggetti, il fuori campo che lascia spazio all’immaginazione di chi guarda soffocando la messa in scena e portandola su un limbo di stasi e glacialità compositiva, e per ultimo una recitazione basata sull’astrazione portata al massimo stadio possibile. Ivan ha grosse problematiche comportamentali non dissimili da un reduce del Vietnam, provocate da questa curiosa malattia che trasforma le proprie vittime in degli ameba.

La giustificazione scaturita dagli effetti della pandemia porta a un risultato abusato tra i registi greci di nuova generazione, ossia quello stato di alienazione permanente di cui soffrono tutti i protagonisti che popolano queste storie. Uno schema narrativo che nel 2020 risulta banalmente datato, privo di quell’aggiornamento necessario di una strada ampiamente percorsa.

Ma il guizzo che alza leggermene l’asticella amalgama la rimembranza del ricordo allo scorrere del tempo che lo indebolisce ma ne aumenta l’importanza. Ivan non ricorda nulla e la terapia che gli viene proposta si basa sul fotografare momenti quotidiani; lui che gira con una bici, lui accanto a una macchina o insieme a una ragazza.

Ed è un giochino riuscito pensando che proprio servendosi del cinema, l’arte dell’immagine in movimento, si possa ricostruire un passato altrimenti inabissato.

Mila è problematico, stantio nell’osare quel qualcosa in più, ma dietro questa apparente freddezza si cela un film che sul lato emotivo può regalare qualche soddisfazione.

(Paolo Birreci)