Venezia77 – Miss Marx, di Susanna Nicchiarelli

Italia-Belgio/107’/Concorso

Londra, 1883. La scena si apre coi funerali di Karl Marx officiati dalla figlia minore Eleanor. Sono presenti pochi familiari e gli amici intimi, tra cui Friedrich Engels. “Ho sempre vissuto per gli altri. E’ arrivato il momento di vivere la mia vita” dirà la protagonista nel corso del film. Un’eredità pesante quella lasciatale dal padre. Eleanor infatti, l’unica di sei sorelle a seguire le orme paterne come attivista politica, fu una fervente sostenitrice delle teorie marxiste, si batté per i diritti dei lavoratori, delle donne e contro lo sfruttamento minorile e fu tra le prime a far convergere le istanze socialiste e quelle femministe, capendo che l’uguaglianza sociale a cui aspirava passava necessariamente dalla parità tra i sessi. Oltre a tutto questo, fu anche scrittrice e traduttrice di successo (sua la prima versione tradotta in inglese di Madame Bovary), oltre che attrice teatrale.

Un ritratto di donna complesso e sfaccettato, tema caro al cinema di Susanna Nicchiarelli che dopo Nico, 1988, vincitore a Orizzonti nel 2017, racconta nuovamente una donna la cui storia ha forti rimandi alla contemporaneità e oggi si sente più che mai l’urgenza di parlare di emancipazione femminile. La vita di Eleanor Marx infatti, se da una parte è stata segnata dall’ingombrante presenza del padre, sul lato privato ha subito le conseguenze dell’amore tragico col commediografo Edward Aveling. La regista ha voluto dichiaratamente sovvertire la narrazione biografica classica, che se dal punto di vista della messa in scena ricalca i canoni del biopic in costume, dal punto di vista del montaggio e della colonna sonora assume connotati anticonvenzionali, grazie ai pezzi punk dei Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo e dei Downtown Boys e immagini d’archivio che mostrano le reali proteste operaie di fine Ottocento. Ma se l’intento di Nicchiarelli era quello di dare una sferzata di modernità alla sua opera, cercando di sottolineare l’universalità della storia che racconta, il risultato invece è un appesantimento generale, un film che fatica a trovare respiro se non in poche, sparute scene come il ballo scomposto e liberatorio di Eleanor, mentre il compagno in preda ai fumi dell’oppio le dorme accanto o l’emozionante scena (forse l’unica?) del pianto disperato della giovane Marx in seguito al ritrovamento di una lettera d’amore del padre alla madre.

Ed è sempre lì che si torna: Eleanor, brillante, intraprendente, figlia prediletta di un uomo che ha segnato la Storia, un padre idealizzato di cui si ritrova a ricalcare le orme. “Il matrimonio è un’istituzione superata”, ma l’inquietudine che si legge negli occhi di Engels alla notizia che la sua Tussy andrà a vivere con un uomo senza essere sposata è inequivocabile. Quanto è difficile seguire con convinzione e fermezza i principi che si vanno propagandando, soprattutto se di cognome fai Marx? E quanto peso può avere, nelle nostre dinamiche relazionali, il modello idealizzato del rapporto genitoriale, che è molto più difettoso e imperfetto di quanto si pensi – o si voglia pensare – e spesso oscurato da tradimenti taciuti, accettati, subiti? Eccezionale Romola Garai nell’interpretare Eleanor, donandole al contempo fierezza e malinconia, facce della stessa medaglia, specchi di un’esistenza conflittuale divisa tra la lotta per i diritti dei più deboli e il tentativo di affrancarsi dalle figure maschili della sua vita. Eleanor Marx è stata una donna che attraverso la militanza politica ha cercato di salvare e liberare innanzitutto se stessa. Ciò che rimane dopo la visione del film è quel ballo che riecheggia di disperazione e che in più d’una ci siamo ritrovate a danzare.

(Chiara Zuccari)