Venezia77 – Saint-Narcisse, di Bruce LaBruce

Canada-Belgio-Lussemburgo/101’/Giornate degli Autori

Dominic ha 22 anni ed è innamorato di se stesso. Si piace, si guarda, si tocca, si fotografa e usa le sue stesse fotografie per eccitarsi. Alla morte della nonna, parte alla ricerca della madre scomparsa che ritrova nel cuore di un bosco sperduto nell’entroterra canadese. Lì, oltre a recuperare un legame familiare ritenuto perduto, Dominic incontra un altro sé, un gemello di cui ignorava l’esistenza e che incarna la sua più grande fantasia erotica. A sette anni di distanza dal deludente Gerontophilia, Bruce LaBruce torna a Venezia con una gay comedy che mischia generi e temi, passando dal racconto queer al film di denuncia, attraverso rapporti incestuosi, relazioni pansessuali e monaci sadomasochisti, riuscendo a non prendersi troppo sul serio. Un film che diventa quasi manifesto generazionale in una società orientata alla rappresentazione di sé attraverso l’immagine da social e al continuo compiacimento estetico. Un tema, quello del narcisismo, estremamente contemporaneo, che LaBruce tratta con humor e ironia.

Presentato fuori concorso in chiusura alle Giornate degli Autori, Saint-Narcisse appare forse un po’ scarico rispetto ad altre opere del cineasta canadese. Siamo lontani infatti dal radicalismo di The Raspberry Reich e The Misandrists o dai soggetti hardcore di L.A Zombie.

La sovrapposizione di linee narrative e la commistione tematica di Saint-Narcisse a tratti possono far traballare il centro del discorso, ma l’intenzione di LaBruce non è tanto portare avanti una riflessione nitida ed univoca, quanto punzecchiare la coscienza dello spettatore con lo stesso perverso piacere con cui Padre Andrew infilza la carne di Dominic. Non mancano le risate, i doppi sensi, il sarcasmo, volti a scardinare resistenze moraleggianti del pubblico con leggerezza e senza troppi provocatori sobbalzi. E per un autore che probabilmente ha già raggiunto l’apice della sua filmografia, tanto basta.

(Chiara Zuccari)