Venezia77 – Sun Children (Khorshid), di Majid Majidi

In Concorso / 99′ / Iran

Tra il cinema teorico di Panahi, il realismo di Kiarostami e il cinema occidentalizzato di Farhadi sorge quello di Majid Majidi.

Alla mostra del cinema di Venezia arriva Khorshid.
Sole (traduzione italiana), come la scuola che ospita i protagonisti del film.

Il cinema del medio oriente si batte ferocemente contro uno stato che non amette critiche e agisce duramente con censura, carcere ed esili.
Basti pensare alla vicenda di Mohammed Rasoulof e al suo There is No Evil, Orso d’oro a Berlino, per avere chiara la situazione disastrosa in cui naviga tanto cinema mediorientale.
Ma ci sono artisti, e questo è il caso di Majid Majidi, che continuano a muoversi tra tradizione letteraria e estremo realismo.
Che continuano a resistere e ad imporsi, soprattutto nell’altra parte del mondo, con opere dal forte impatto emotivo e dalla forte denuncia sociale. Con un impianto formale da classico cinema del reale che strizza leggermente l’occhio anche a forme e modi di intendere il cinema più occidentalizzati.

Khorshid fa largo utilizzo di zoom e macchina a mano, sembra quasi un film d’azione filmato da Guy Ritchie o da Gareth Evans e che poi, bypassata questa modalità di mettere in scena, racconta un mondo povero fatto di sfruttamento, genuinità e lotta contro i potenti che facilmente si riconosce se si è già navigati nel cinema mediorientale.

Forma occidentalizzata e racconti classici.
Con queste due prerogative muove i suoi passi Majidi, abile nel tratteggiare tramite un racconto di dickensiana memoria, e la storia di piccoli furfantelli alla ricerca del proprio riscatto, un affresco quanto il più crudo possibile di una situazione politica e sociale di cui si deve parlare e di cui ci si deve il più presto sbarazzare.

Sun Children parla di questo gruppo di ragazzi che vive alla giornata, tra lavori precari e qualche furtarello vengono a conoscenza di un tesoro segreto seppellito sotto la scuola.
Decideranno di iscriversi, ovviamente con la forza, alla scuola del sole; dove tramite l’apprendimento e la conoscenza del proprio maestro cercheranno di riprendersi in mano le proprie vite, capendo che forse è arrivato il momento di smettere di stare sotto terra schiacciati dai piedi dei più potenti.

Il film è un continuo scendere, nella teoria e nella pratica, dentro le viscere di un Iran sempre più instabile, pronto a collassare su se stesso da un momento all’altro, come le pareti del tunnel creato dai ragazzini.
Un Iran che scavalcando le barricate, chiede a gran voce la scolarizzazione e la cultura, forse unico reale modo per sconfiggere quella fascia di persone ignoranti e violente che preferiscono il bene materiale, i terreni e il vile denaro al progresso culturale del proprio paese.

Un Iran che dopo la propria personale conquista della Bastiglia, in una sequenza tra le più belle viste in questo festival (giustamente accompagnata dagli applausi del pubblico), inizia a svegliarsi e a far fronte comune.

Tutto ciò passa sotto gli occhi increduli di Ali, ormai ammaestrato ad un modo errato di intendere il mondo e che sfruttato da un sistema che chiede ai suoi figli di ingobbirsi e incattivirsi fin dai primi anni di età, si rifà sul gruppo di ragazzini che comanda a bacchetta per quasi l’intera durata del film.
Pian piano anche lui perderà di fatto influenza sui suoi compagni e rimasto solo si accorgerà, toccando con mano, come il mondo che ha vissuto sin ora sia destinato unicamente a soffocare e schiacciare la popolazione che lo abita.

Khorshid risulta essere uno dei più affascinanti coming of age di sempre, un racconto d’infanzie rubate e forti prese di coscienza tra Dickens e Verga, che appaga ed esalta per tecnica e narrativa.

(Carmelo Leonardi)