Five Came Back, di Laurent Bouzereau (Serie Tv)

Nel 2017 comparì sulla piattaforma netflix una docuserie dal grande fascino e ambizione. Sostanzialmente si trattava di un’idea, spalmata su tre episodi da un’ora ciascuno, che si poneva il difficile compito di raccontare la tragica epopea del secondo conflitto mondiale, filtrato dalla lente d’ingrandimento di cinque grandi registi della Hollywood classica.

La miniserie venne preceduta da una massiccia distribuzione sul canale streaming di tutte le regie firmate da questi autori che supportarono, più o meno con uno sguardo propagandistico, la causa dell’entrata in guerra degli Stati Uniti. Il tutto commentato da alcuni dei più influenti registi contemporanei, da Spielberg a Coppola, passando per Del Toro, Greengrass e Kasdan.  

Quello che ne esce fuori è un appassionato e curioso ritratto storico per il lavoro memorialistico che produce sul conflitto, e simultaneamente presuppone una prospettiva più cinematografica scaturita dal montaggio di svariate pellicole del passato, con gli interventi postumi dei registi che assaporarono le terribili esperienze dei fronti di guerra sparsi per tutto il globo. Come citato precedentemente, il controcampo dei vari John Ford, Frank Capra, John Huston e altri illustri colleghi è espresso da una parata di stelle del firmamento hollywoodiano odierno che, con spirito critico e mente lucida, descrivono a noi spettatori l’appoggio del popolo statunitense alla chiamata alle armi.

La frase sopracitata venne utilizzata dal regime fascista affermando l’efficacia dello strumento cinema per plasmare le idee ideologiche di una nazione ai danni delle menti di una popolazione. È proprio partendo da questo pericoloso assunto che il governò e l’esercito statunitense (ma anche inglese), considerando il rispetto di Washington verso questi registi creatori di miti, incaricò una produzione sistematica di veri e propri docufilm in presa diretta delle operazioni militari degli alleati. Difatti, l’audiovisivo permetteva, attraverso i cinegiornali, una fruizione rapida e più d’impatto agli occhi di una nazione rispetto alla semplice lettura giornalistica.

Prima di passare alle riprese dei campi di battaglia, Five Came Back narra tutta la lunga approvazione di questi film dai piani più alti degli Stati Uniti e dai requisiti che dovevano possedere. Fu lo stesso presidente Roosevelt a concordare con il primo esperimento registico di questa serie di film, stiamo parlando di “The Battle of Midway”, documentario diretto da John Ford che si concentra sull’attacco giapponese alle isole Midway, poi rivelatosi fallimentare con la vittoria della marina statunitense. Il cortometraggio è il primo esempio dimostrativo della vittoria degli USA sul nemico, nonché esplicativo alla propaganda filmica messa in atto.

John Ford

È forse il destino ad aver voluto che fosse John Ford il regista del film, lui, il portavoce dell’epica western statunitense, fatta di uomini idealizzati e vittoriosi. L’uomo delle titaniche epopee che tornò sul fronte in Normandia proprio durante i colossali sbarchi anfibi sulle spiagge, perché per un’operazione su così vasta scala era quasi sottintesa la presenza di un regista che ha sempre espresso un’idea di cinema imponente. Forse, tra le grandi cavalcate dei cowboy e le estenuanti attraversate con mezzi corazzati non può esserci una così grossa differenza.

Diverso e più complesso fu il lavoro documentaristico di Frank Capra, il regista alzò il tiro lavorando e supervisionando una serializzazione di ben sette film tutti uniti sotto l’unico titolo di “Why We Fight”, il progetto svolgeva il compito di ricostruire, con materiali d’archivio, la cronologia planetaria della seconda guerra mondiale. Il governo decise di commissionare l’opera per chiarire le motivazioni che portarono all’entrata in guerra gli Stati Uniti.

Frank Capra

Capra si trasformò in un mecenate, rispettato negli ambienti militari nonostante lo scarso riscontro del pubblico al botteghino. Un portabandiera dell’american way to life che lo avrebbe contraddistinto per tutta la sua futura carriera dietro la macchina da presa.

Questa serie di film crearono un ipotetico star system tra Hollywood e Washington, con la potenza del cinema a supportare l’immaginario positivo degli eserciti in guerra, permettendo in questo modo di tenere alto il morale della popolazione.  

Dopo la liberazione della Francia gran parte dei registi presi in esame, malconci e fisicamente debilitati, tornarono a casa. Discorso inverso per George Stevens, autore che continuò a seguire l’esercito alleato fino all’invasione della Germania, con le sue riprese a Dachau a divenire prove inconfutabili dell’olocausto durante il processo di Norimberga.

George Stevens

La funzione documentarista della propaganda ci permette di analizzare un molteplice aspetto cruciale che mostra questa docuserie. Ovvero le modalità con cui chiarisce il rapporto limitativo di queste opere e lo sguardo artistico dei cineasti che tentavano di nascondere a chi li commissionava. Scendere a compromessi illuminando la gente e fare al contempo del cinema di qualità, non sempre con risultati eccelsi.

Five came back è un prodotto prezioso, monumentale nella sua dettagliata documentazione e attraente nella sua ricerca cinefila. Il cinema, inteso come arte e industria, trasformato in mezzo catartico al servizio della storia.

(Paolo Birreci)