FEFF22 – Vertigo – Jeon Gye-soo (2019)

Si arricchisce la lista delle piccole gemme del Far East Film Festival con il nuovo lavoro di Jeon Gye-soo.
Vertigo è una delle più affascinanti, per forma e tematiche, opere del festival che conta della grandissima interpretazione di Chun Woo-hee (The Wailing).

Attraverso lo sguardo della protagonista viviamo uno spaccato della società coreana che si innalza come i grattacieli del film, ma che nasconde un arrivismo spietato e degradante alla base.

Vertigo è la storia di Seo-young, una trentenne che cerca di affrontare tutte le difficoltà che le si parano davanti per far carriera all’interno dell’azienda.
Il suo lavoro è temporaneo e cerca una riconferma anche tramite la frequentazione di un suo superiore.

Vive totalmente in solitudine, del padre non ne sa più nulla e la madre è troppo impegnata nei suoi rapporti amorosi per prestarle attenzioni.
Si sente sola, schiacciata e ingabbiata in mezzo agli enormi palazzi che riflettono sui vetri la sua immagine.
Nella sua scalata, Seo-young, dovrà combattere anche con una malattia cronica che le fa perdere l’equilibrio e l’aliena dal reale.
Una fortissima forma di acufene di cui la sensazione di spaesamento ci viene restituita registicamente e soprattutto sonoramente.

Sarà Kwan-woo, che vive la sua vita sospeso su una corda, che la riprenderà nella caduta, dandole finalmente equilibrio.

Nel silenzio e nei continui sguardi tra i protagonisti tra dentro e fuori, si nascondono i veri segni decifratori di tutta l’opera.
Sono sguardi che dicono più delle tante parole rivolte a Seo-young dalla madre e tutte le attenzioni, sincere, che non è mai riuscita ad ottenere.
Sono sguardi d’evasione, aperture verso il vuoto accettando la caduta dalla torre che a fatica si è scalati e che sempre più ci malmena.

Vertigo è un film che nei suoi barocchismi, nella sua estetizzazione del dolore della ragazza nasconde la fragilità di un pezzo di vetro.
Tecnicamente viene sempre ricercata l’inquadratura più affascinante, quella che più riempe il quadro con palazzi mastodontici che sembrano schiacciare le formichine che lo abitano.
È tutto apparentemente bello e stabile, ma poi pian piano inizia a sentirsi il senso di vertigine.
Le gambe tremano e si va in caduta libera verso il mondo degradante del precariato, fatto sempre più di violenza psicologica e sopraffazione.

(Carmelo Leonardi)