Venezia76: About endlessness (Om det oändliga), di Roy Andersson

About endlessness – In concorso

Regia:Roy Andersson
Durata:76’
Lingua:svedese
Paesi:Svezia, Germania, Norvegia
Sceneggiatura:Roy Andersson
Fotografia:Gergely Pelos
Montaggio:Johan Carlsson, Kalle Boman, Roy Andersson

Roy Andersson riflette sulla nostra esistenza, lo ha sempre fatto.

Il suo ultimo film, Om det oändliga, è suddiviso in numerosi piccoli componimenti che spaziano dallo humor più letale al pessimismo più desolante.

Ciò che viene messo in scena è la sua visione della vita, fatta di istanti estremamente piccoli ma comunque preziosi, facenti parte della “poetica del quotidiano” a lui tanto cara.

Andersson lavora molto con il profilmico, con il campo e il fuori campo, proprio come il cinema di fine 800′ dei Lumière. I movimenti di macchina sono praticamente quasi assenti nei suoi film, la staticità delle inquadrature dilata i tempi del racconto fino all’inverosimile, tanto da divenire spesso stucchevole e pretenzioso.

Le sue inquadrature fisse divengono dei veri e propri quadri viventi che riproducono la realtà nella maniera più rigorosa possibile, con una prevalenza cromatica del color seppia (concettualmente utilizzato per riprodurre la parte più grigia e triste della vita, quella che il regista considera in realtà fondamentale).

Roy Andersson opera sulla meditazione di una vita in costante distanziamento, sull’analisi che spiritualizza ogni manifestazione di incisività da parte della struttura discorsiva, e diventa quindi troppo freddo, asettico ed incomunicabile nel suo ossessivo rigore. D’altronde il compito (e la bellezza) di ogni grande narrazione cinematografica non dovrebbe essere quello di giocare con l’emotività dello spettatore?

(Gabriele Plutino)