Venezia77 – City Hall, di Frederick Wiseman

L’opera monstre del più importante autore osservazionale della storia del cinema documentarista, sbarca a Venezia77 sancendo il ritorno dell’autore nella sua città natale, Boston.

Almeno per la cinefilia più hardcore, City Hall è il vero evento della mostra. Un film totale per la quantità spropositata di grandi storie e micro storie che riassume in 275 minuti, risparmiando qualsiasi compromesso di sorta.
Come al solito, le parole d’ordine sono integralità (per non lasciare nulla in sospeso e dare uniformità al mosaico cittadino) e connessione (per dare la sensazione che tutto è intrecciato e che non potrebbe funzionare efficacemente se mancasse un singolo tassello).

City Hall è il punto più estremo dello sguardo “globalizzato” di Wiseman, malgrado il titolo lasci presagire un’attenzione esclusiva verso il municipio della città del Massachusetts, in realtà serve solo come luogo base per spostarsi un pò in tutto il tessuto urbano. A differenza dei suoi film precedenti, specialmente agli inizi della sua carriera, che tracciavano una geografia urbana dalle similari modalitè narrative di City Hall, qui si palesa la voglia di rimarcare il dislocamento dell’operatore di macchina da un ambiente a un altro.

Chi ha visto le sue più recenti opere, sa che questo processo è già iniziato da tempo. In particolar modo esiste un filo comune correlato tra il suo, ormai, penultimo Monrovia Indiana e City Hall. Gli intermezzi da un edificio all’altro sono intervallati da montaggi collage che rispettano perfettamente il decoupage classico; si parte con un campo lungo o lunghissimo per focalizzarsi sull’obiettivo successivo, e pian piano la prospettiva si assottiglia accentrandosi sul luogo scelto. La mappatura adesso è finalmente completa.

Appare chiaro che i due film sono l’uno il controcampo dell’altro anche sul piano politico. Monrovia era una contea filo Trump durante le elezioni del 2016, in City Hall l’oggetto della curiosità è il sindaco democratico Marty Walsh al suo secondo mandato. Due approcci al progresso civile differenti, nella città della contea californiana la percezione era quella di una provincia tradizionalista nel rispettare i costumi e le abitudini che stanno sotto il nome del conservatorismo e della moderatezza (religiosa e rurale). A Boston prevale la linea del progressismo essendo la città con la minor disoccupazione del mondo, curandosi delle irrisolvibili tensioni razziali negli states, dell’allargamento dei posti nelle scuole per gli studenti fuori sede, nell’apertura di un negozio di Cannabis, di strutture che riuniscono persone con handicap e senzatetto. Includendo in una potratta sequenza un grande omaggio ai veterani di guerra statunitensi, perchè se c’è qualcosa che accomuna i due principali partiti degli Stati Uniti quello è il patriottismo e la difesa della patria.

Configurazione degli spazi, delle infrastrutture, delle istituzioni, del popolo al lavoro. Wiseman è all’apice della sua indagine ingegneristica su chi governa e su chi produce ricchezza (il popolo), ma fornisce due stimoli ulteriori che penetrano il complesso scientifico del suo sistema cinematografico. Il fulcro di City Hall gira attorno al suo sindaco, un protagonista vero e proprio con cui viviamo le vicende burocratiche quotidiane, vera novità nell’universo wisemaniano. E in seconda battuta, il regista si concede attimi di umanità che sorprendono, introducendosi nella casa di un anziano alle prese con dei topi che gli stanno infestando la cucina. Un momento empatico veramente inusuale per un regista morbosamente attaccato alla freddezza della descrizione.

Un film, e un cinema, da tramandare alle generazioni future come oggetto di studio per il mondo che fu.

(Paolo Birreci)